Nel caos del coaching online, sempre più professionisti si definiscono “mentori” o “coach” senza reali competenze. Ecco le vere red flags per capire chi è preparato (e certificato) e chi vende solo illusioni.

Redazione Course Clear
29 dic 2025
Il boom dei “coach” (e la crisi di fiducia)
Negli ultimi anni, il termine coach è diventato onnipresente. C’è il mindset coach, il business coach, il life coach, il self-confidence coach… e persino chi si definisce coach della felicità. Ma se tutto è coaching, allora nulla lo è davvero.
La verità? Il mondo del coaching digitale sta vivendo una crisi di fiducia. Troppi improvvisatori, troppi slogan, troppi profili Instagram con promesse di “cambiamento in 7 giorni”.
Il risultato è duplice: da un lato, migliaia di persone diffidano di chiunque parli di crescita personale; dall’altro, i professionisti seri — formati, certificati e sottoposti a supervisione — faticano a distinguersi.
In questo articolo ti aiuto a riconoscere i fuffa-coach, spiegando come individuarli e quali segnali distinguono un vero professionista da chi cavalca l’onda del trend.
Le Red Flags del “Fuffa-Coach”
Non serve un radar infallibile per scoprire un fuffa-coach: basta affinare l’attenzione alle sfumature. Ecco le principali red flags che rivelano chi c’è dietro al personaggio.
1. Poche esperienze, molte promesse
La prima trappola è la sproporzione tra quello che il coach dice di poter fare e ciò che effettivamente mostra di aver raggiunto.
Un coach che promette “risultati garantiti” spesso non possiede alcuna base metodologica. I professionisti seri non vendono formule magiche: accompagnano il cambiamento, non lo impongono. Se mancano casi concreti, testimonianze verificabili e riferimenti strutturati, diffida.
2. Mancanza di certificazioni (o uso scorretto di sigle)
Le credenziali contano. La International Coaching Federation (ICF) o la EMCC sono enti riconosciuti a livello internazionale: chi è certificato lo dichiara con trasparenza, indicando esattamente il livello (ACC, PCC, MCC) o la scuola di provenienza.
I “fuffa-coach” invece usano abbreviazioni ambigue, spesso inesistenti, o si nascondono dietro definizioni creative tipo “certified by global leader Academy” — senza fornire fonti. Chiedere la tracciabilità della formazione non è diffidenza: è dovere.
3. Linguaggio vago, iperpositivo e privo di contenuti
Una red flag immediata è l’uso massiccio di parole vuote come mindset, vibrazioni, allineamento energetico o meritocrazia universale.
Il linguaggio del vero coaching è concreto, misurabile e centrato sul cliente, non sulla visione mistica del coach. Quando la comunicazione diventa un flusso di slogan motivazionali, è segno che dietro manca una struttura pedagogica o psicologica.
4. Nessun contratto, nessuna etica professionale
Un coach serio opera con strumenti chiari: contratto, codice etico, consenso informato, supervisione periodica.
Chi non offre questi elementi non solo è poco professionale, ma rischia di fare danni reali: il coaching tocca aree personali, e senza confini etici può sconfinare nella manipolazione.
5. Comunicazione centrata su sé stesso
Il segnale più evidente: i fuffa-coach parlano sempre di sé. Delle proprie “trasformazioni”, dei “loro risultati”, del “loro percorso”.
Al contrario, un vero coach parla del cliente: del suo potenziale, delle sue scelte, dei suoi limiti da esplorare. Se ogni frase comincia con “io”, sappi che la relazione sarà sbilanciata.
Come validare un coach professionista
Riconoscere un fuffa-coach è solo metà dell’opera. L’altra metà è imparare a validare i professionisti autentici.
Ecco un approccio pratico:
Verifica la scuola di formazione: controlla che sia accreditata (ICF, EMCC, AC). Le scuole serie pubblicano l’elenco dei docenti e il monte ore certificato.
Chiedi una sessione conoscitiva: un coach esperto non “vende” in 10 minuti; ascolta, valuta e propone. Se l’unico obiettivo della call è la vendita, c’è un problema.
Leggi l’ICF Code of Ethics: è un documento pubblico che descrive i comportamenti professionali attesi. Serve per capire chi lo rispetta e chi lo ignora.
Diffida dell’eccessiva visibilità: paradossalmente, chi lavora tanto con clienti veri non ha bisogno di postare continuamente contenuti motivazionali o testimonianze costruite.
Tornare a fidarsi (con criterio)
Smontare la fuffa non significa rifiutare il coaching, ma restituirgli dignità.
Il coaching autentico è un processo potente: aiuta a prendere decisioni migliori, migliorare la consapevolezza e attivare responsabilità personale.
Ma la fiducia non nasce dalle parole ispirazionali: nasce dalla competenza, dalla trasparenza e dalla verificabilità.
La prossima volta che incontri un potenziale coach, non chiedere “quanto costa”, ma “chi supervisiona il tuo lavoro?”. La differenza tra improvvisazione e professione comincia sempre da lì.
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